Tutti gli articoli di Matteo Bassioni

Ho iniziato a scrivere a causa di una maestra in vena di scouting letterario. Forzato a fare concorsi, ho imparato il significato di "Ritenta" prima di leggerlo sotto il tappo delle bottiglie di Coca-cola. Quindi ho sostituito la Coca-cola con la birra. Ho vissuto un passato differente: il mondiale 1954 all'Ungheria, la guerra di Troia vinta da Ettore e i suoi, Chiappucci in giallo a Parigi, Hemingway morto di vecchiaia. Con un passato del genere, il presente è assai confuso. Ve ne farete un'idea in "Caro Diego, se tu, Ernst e io...". Il mio nick è Mat9teo. Mi trovate anche sul mio blog https://allegriadinubifragi.wordpress.com/, ma non aspettatevi di meglio. Twitter @matteobassioni

Dinamo Monteaquila – 25. Let it be

Lascia che sia, Mario.
Ma quelle parole rimangono un intenzione e nulla più. All’inizio è un corsivo, col Campo_di_calcio_abbandonatotempo diventano caratteri cubitali. Ma no, Pierluigi non le pronuncia perché non ha senso alcuno. Nulla ha più senso in questo angolo di mondo dimenticato da Cristo. Però, mentre calca i piedi su una linea di porta scomparsa ormai da decenni, ha l’impressione di dover dire qualcosa. Mario non parlerà. Le sue mani cingono i fianchi, i suoi occhi sono concentrati sul pallone, il suo respiro regolare è scandito dalle montagne verdi attorno a Monteaquila.
L’auto dei carabinieri ha raggiunto il paese. E’ ferma nel parcheggio soprastante il campo da calcio. Dietro ad essa un’ambulanza. Pierluigi si volta alla sua destra e scorge le sagome di cinque o sei persone. Loro vedono lui là sotto e vedono Mario a pochi metri di distanza. Affrettano il passo, sono sul ciglio del campo, solo qualche metro più in alto. Un tempo chi veniva a vedere la partita se ne stava proprio lì, in quel poggio accanto al piccolo parcheggio del paese. Monteaquila sono tre gradini: in quello più alto c’è il paese, in mezzo il parcheggio, in basso il campo. E il campanile sopra tutto e tutti a stuzzicare il cielo, a ricordare a chi se ne è dimenticato che anche Monteaquila fa parte del creato. Le sagome dicono qualcosa o forse accennano soltanto perché Pierluigi prontamente le ferma con un gesto della mano.
Lasciate che sia. Almeno voi, lasciate che sia. Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 25. Let it be

Dinamo Monteaquila – 24 – L’ultimo rigore

– Ho sempre pensato una cosa, Piergi. Riguardo ai rigori, intendo. Ho Campo_di_calcio_abbandonatosempre pensato una cosa.
Mario fissa il pallone sotto la suola destra, ma questo pare ribellarsi al giogo della scarpa e tenta la fuga a destra e a manca portandosi a spasso il baricentro di Mario. Pierluigi si focalizza sul pallone e non perché voglia evitare lo sguardo di Mario, ma in quanto quel pallone gli pare l’unica cosa nuova in tutta Monteaquila. E questo a Pierluigi fa un po’ impressione. Il candore del cuoio immacolato stride con il campo spelacchiato su cui poggia, le piante di acacia, i pali piegati, la rete divelta. Si guarda attorno proteggendo con la mano destra il collo dal perfido vento di montagna. Non riconosce pressoché nulla di quel campo su cui ha giocato centinaia di volte da bambino. Non fosse per quella porta sbilenca, manco se la sentirebbe di definirlo un campo da calcio. Guarda la porta, ne giudica la distanza da Mario, ancora intento a infierire sul pallone manco fosse una serpe. Si deve trovare all’incirca a centrocampo.
– C’è il caso lo pensassi ancor prima di allora. Si, può essere. Ma ho avuto tempo, o si, un sacco di tempo, per elaborare questa cosa, Piergi – E così dicendo si porta la mano alla tempia e la fa mulinare nel tentativo di rafforzare il concetto. Il movimento del braccio lo fa sbilanciare e deve liberare il pallone. Che si ferma dopo una fuga di pochi centimetri ed è di nuovo sopraffatto. Ma con la suola sinistra, stavolta. Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 24 – L’ultimo rigore

Io, Johan Cruijff e la rivoluzione

Tempo fa su questi tipi Cesarini mi divertivo ad affiancare calciatori a personaggi storici. Quando cruijff2immaginai queste strampalate vite parallele di una cosa sola ero sicuro: Johan Cruijff doveva esserci. Ricordo che pensai lungamente a chi accostare il papero d’oro. Diversi nomi mi si affastellavano alla mente e tutti avevano a che fare con epoche di cambiamento e avvenimenti di enorme portata per il prosieguo della civiltà. Erano rivoluzionari del calibro di un Robespierre, esploratori della lungimiranza di un Marco Polo, filosofi dell’acume di Locke e Spinoza. E proprio su un filosofo cadde infine la mia scelta: Jean Jacques Rousseau. Era il novembre del 2013 e né io né quell’articolo abbiamo fatto grande strada ad oggi. E sebbene il destino di questa elegia al grande tulipano non sarà certo differente, mi piace pensare che l’ignaro viandante, oramai imbattutosi su questa pagina, voglia donare un click anche al primigenio omaggio. Continua a leggere Io, Johan Cruijff e la rivoluzione

Dinamo Monteaquila – 23. More than this

Hai lasciato una pagina immacolata, Mario. Me ne sono accorto Campo_di_calcio_abbandonatosolamente quando sono arrivato in fondo al taccuino. Una pagina strappata ed una ancora vuota. E’ per me, vero? Allora sai che faccio Mario? Ci scrivo. Però non so cosa tu voglia che io scriva in questa pagina bianca. Una pagina non vergata, Mario, mette un’ansia indicibile. Una pagina bianca è immensa come una porta di calcio, Mario. Tu sei solamente un piccolo portiere e davanti hai un pallone posizionato sopra un dischetto e un avversario che ovunque calcerà, sarà lontano dalle tue braccia. E’ passato tanto tempo da quel calcio di rigore, Mario. Io l’avevo dimenticato, pensa. Tu no. Tu ricordi tutto. Anche quando eri bambino avevi il vizio di fissare ogni cosa in quella testa ricciola. Le capitali degli stati, i capitani della nazionale italiana dal 1934 in poi, le reti di Rivera e quelle di Boninsegna. E anche i torti subiti. Che errore, Mario, Che cazzo di errore. La memoria è una grande lavagna, Mario, ma tu ti sei sempre rifiutato di utilizzare il cancelletto. Hai scritto piccolo piccolo e hai voluto farci stare tutto, anche e soprattutto le cose brutte. Non butti via niente tu, nemmeno un calcio di rigore sbagliato decenni fa. Ho sempre pensato tu fossi il più intelligente di tutti, quello che se avesse voluto avrebbe fatto la strada più lunga. Invece hai preferito riempire la lavagna di ricordi, orgoglio e rigori sbagliati. Troppe cose. Più di questo, Mario, non è possibile. Dovevi cancellare qualcosa prima di resettare Monteaquila con il fuoco.

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Dinamo Monteaquila – 22. Mario

La capacità di adattarmi ai cambiamenti la si può constatare da un Campo_di_calcio_abbandonatopaio di semplici eventi quotidiani: la sveglia e il riposo notturno. Al mattino sono l’ultimo a levarsi dal letto. Il che non significa ch’io dormirei all’infinito, sono anzi piuttosto regolare e alle sette potrei svegliarmi senza trillo alcuno. Quello che non mi riesce è di alzare il corpo dal letto. E’ come se durante le ore di riposo le lenzuola avessero raggiunto la temperatura della mia epidermide e le molle del materasso si fossero rese così duttili da ricamare ogni anfratto del mio corpo. Alla sera, diversamente, non vorrei mai andare a letto e ogni scusa mi è buona per fare tardi. Ma Villa Serena su questo è tassativa e le infermiere piuttosto zelanti. Cosicché mi ritrovo a vergare il mio taccuino al chiaro di luna o sfruttando il lavoro di un lontano lampione con il corpo rannicchiato in qualsiasi gradazione angolare mi permetta di captare un pur misero fascio di luce. Quanto tempo e fatica mi occorra per adattarmi alla giornata, metabolizzarne il susseguirsi delle ore e dei pasti, voi non potete avere idea. Perché cambiare le cose così repentinamente? Quanto andate di fretta. Sono rimasto tutta la vita a Monteaquila. Ho sempre trovato un buon motivo dietro cui trincerare la mia impossibilità di effettuare un cambiamento. Paura? Forse. Poi siete arrivati voi e mi avete costretto a starmene qui a Villa Serena. Mentre il campionato della Dinamo prosegue e ormai finisce.  Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 22. Mario

Dinamo Monteaquila – 21. Vedi, vidi, non vici

Uno come me vi sfido a trovarlo. Lo dico per davvero: rovistate quanto volete nella vostra Campo_di_calcio_abbandonatomemoria, spremete meningi e sinapsi, ma quanto vi sto per dire del sottoscritto non ha eguale in alcuna delle vostre conoscenze. Nossignori, inutile che cerchiate tra la plebaglia del quartiere, non sarà certo il figlio dello spazzino, quello con le unghie dei piedi capaci di forare gli stivali di cartone e le mani intrise di piscio e sperma, ad impensierirmi. E nemmeno il bastardo del paese di fianco, quello che in quinta elementare ancora mostrava incertezza nella tabellina del due. Insomma, uno come me, orgogliosamente bocciato in ogni prova che la vita gli abbia messo di fronte, è un pezzo unico. Suvvia, almeno un esame al primo colpo chiunque lo ha passato. Io no. E ne faccio un vanto nonché una sfida con me stesso. Ognuno ha la sua missione nel mondo. La mia è fallire tutto. Fottetevi, benpensanti del cazzo, calvinisti di merda. Con il vostro senso del dovere mi ci pulisco il prepuzio e mentre voi vi dannate per testarvi, verificarvi, certificarvi, io appoggio il mio sedere sull’amaca e lo faccio dondolare ben bene. Poi mi accendo una canna e valuto, questa volta si, se l’erba di Jimbo è la stessa del mese scorso. Dopodiché, forse, andrò di corpo e quindi mi metterò in poltrona e mi guarderò una partita del campionato sudamericano. Adoro il calcio e adoro i campionati sudamericani. Non corrono, non si sbattono, pensano al gioco e non al risultato. Altro che i machiavellici campionati europei del cazzo.  Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 21. Vedi, vidi, non vici

Dinamo Monteaquila – 20. Pastorizia United

A scuola puzzavo e i compagni mi prendevano in giro, ma ero bravo, Campo_di_calcio_abbandonatoanche se a casa non potevo studiare perché non c’erano tavoli che per sgozzare capretti e insaccare salume. A me piaceva molto Italiano. Mi piacevano le parole. A casa mia nessuno parlava. Si bestemmiava, ci si prendeva a schiaffi per niente. Ma parlare no, mai. Eravamo bestie. E poi a me piaceva giocare a pallone. Una volta facemmo un torneo su in paese, a Monteaquila. Che a chiamarlo paese, Maresciallo, mi viene anche un po’ male, ma allora qualcuno c’era ancora, soprattutto d’estate. Venivano dalla città e dai paesi vicini. Sono passati tanti anni. Cinquanta, forse più. Si, era estate, ricordo bene, ma lassù non faceva caldo. Si stava bene. Era un torneo che durava tutto il giorno. Se non fosse che a pallone ero bravo, nonostante che non potessi giocarci quasi mai, a una bestia come me non l’avrebbero mai fatta giocare. Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 20. Pastorizia United

Dinamo Monteaquila – 19. Ricard (liscio senz’acqua)

Sono quindi giunto alla conclusione che il Ricard del bar di Campo_di_calcio_abbandonatoMonteaquila ha un sapore differente rispetto a tutti gli altri Ricard ch’io abbia mai bevuto in vita mia. Non solo: mi sento di affermare che alla vista il colore stesso pare avere una gradazione diversa. Fino al mese scorso ero convinto che la differenza stesse nel fatto che le bottiglie di Ricard di Monteaquila, rispetto alle altre, arrivassero direttamente dalla Francia. Del resto, qui gli emigrati oltralpe non mancano. Poi mi è capitato di passare per Marsiglia e ho constatato che il Ricard aveva un sapore differente ancora. Adoro il Ricard: fresco e pastoso sulla punta della lingua, mano a mano che scorre lungo le papille gustative si fa caldo ed evanescente, quindi si smaterializza nella laringe per poi svanire del tutto in una scia di fuoco dalle parti dell’esofago. Dimenticavo: c’è chi il Ricard lo beve liscio, senz’acqua. Ma io non sono di questo partito. Il Ricard è un piacere, necessita leggerezza, semplicità, altrimenti si tramuta in una punizione. Ci sono cose che non si possono alleggerire. La vita è una di queste. Il Ricard si. E allora aggiungete l’acqua. Ah quant’è bella la primavera in questo paese sperduto nel culo di una montagna. E questo sole civettuolo che si nasconde dietro al campanile e si prende il gusto di lasciarti al freddo per qualche minuto. Così, per farti sentire il sapore asperrimo dell’assenza. Ma con me, stronzetto, non funziona. Io sorseggio il mio dolce e pastoso Ricard, mi sistemo gli occhiali da sole e mi sistemo pure il pacco prima di accavallare le gambe. Con il sottoscritto non funziona. Io il freddo l’ho ingurgitato e il mio stomaco l’ha sminuzzato e tramutato in quel niente che prima mi sembrava assenza e ora mi pare semplicemente vuoto, nulla. Quindi puoi fare capolino e scaldarmi la barba, grazie. Tanto il tuo subdolo giochino di seduzione non funziona. Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 19. Ricard (liscio senz’acqua)

Dinamo Monteaquila – 18. Angelina dagli occhi vuoti

Non vi è memoria di un caso come il mio. Non gioco nella Dinamo Campo_di_calcio_abbandonatoMonteaquila, non sono dirigente, non alleno alcunché, non mi avvicino mai al rettangolo verde, non saprei dire quanto pesi un pallone di cuoio e, detto tra noi, non ho nemmeno ben chiare le regole del gioco. E si, diciamolo pure, non ho mai capito la regola del fuorigioco. Perché sono una donna e le donne notoriamente non capiscono il fuorigioco. Banalità? Può essere. Io, tuttavia, non ci ho mai capito alcunché. Sebbene, e qui veniamo al dunque, in una sorta di fuorigioco ci sia finita eccome. “La tua presenza, Angelina, è destabilizzante” mi fa l’allenatore. Destabilizzante. Proprio questo termine ha usato: destabilizzante. Fuori. Via. Sciò. Presenza non gradita. E io ci sono rimasta davvero molto male e mentre lui mi spiegava che il campionato è ormai finito e la Dinamo, finendo probabilmente in seconda posizione, dovrà fare i play-off per salire di categoria, a me pareva di sprofondare. I play-off. Che cazzo sono i play-off? E perché la mia presenza risulterebbe destabilizzante? Quante cose avrei voluto sputargli in faccia. Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 18. Angelina dagli occhi vuoti

Dinamo Monteaquila – 17. Edipo e Zico

Lo conosco da una vita e non tutto vi posso dire di lui, perché Campo_di_calcio_abbandonatose di ogni cosa vi parlassi a suo riguardo sarebbe come dire: tutto vi dirò di me stesso. E no, non vi dirò proprio tutto, perché molte sono le cose da nascondere e ad ogni modo io sono il narratore e a me sta la scelta di edulcorare, omettere e aggiungere. A voi, quindi, l’ardua scelta: credere e accontentarvi oppure sparire. Ma su ciò che vi dirò ora potete mettere la mano sul fuoco: Vittorio Regoli, nato e cresciuto a Monteaquila, figlio di Marcello Regoli e Virginia Lanti, grande fregna che fu, è il miglior cecchino in circolazione. Qualunque sia il bersaglio, una fica, una porta o il bidone dell’immondizia, se Vittorio Regoli decide che debba passare di lì, uccello o pallone che sia, lì passerà. Parola di Enrico Loustau, padre bastardo morto di cirrosi, la madre invece continui a fottere che nessuno la disturba, al di cui povero babbo un bastardo peggio di lui in qualche cazzo di anagrafe del bel paese ha assegnato il cognome Loustau. Si era negli anni quaranta e l’impiegato, penso unico in Italia, seguiva il River Plate. Così di cognome faccio Loustau. Il secondo e ultimo Loustau. Si, ultimo. Di bastardi c’è già stato mio padre, prima che il vino gli fottesse il fegato oltre l’anima, e di zoccole mia madre, che ha fottuto lui e pure altre due o trecento persone. Io gioco sulla fascia, una sorta di ala. Come Loustau. Il calciatore del River Plate, non il bastardo. Di figli non ne farò. Regoli invece sì. Non che lo volesse, ma a questo giro l’ha infilato così bene che a tirarlo fuori in tempo non si è potuto. Quando vi dico che è un cecchino nato credetemi, cazzo. E vi ho già detto tanto, troppo, mentre mi ero promesso di accennare appena riguardo a me e Regoli. E vabbé, pazienza. Cambio di programma: tutto vi dirò. Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 17. Edipo e Zico

Dinamo Monteaquila – 16. Gita a Monteaquila

From: licia80@mail.it
To: charliezzz@sip.it

Ciao Charlie, scusa se oggi non ho potuto rispondere ai tuoi sms. A dire il vero, è già Campo_di_calcio_abbandonatoqualcosa se riesco a scriverti questa mail ora, chiusa nel bagno di casa, con questi miei occhi stanchi a guardare il tablet e la mia coscienza sporca a ricordarmi che dopo, forse, dovrò giustificare a Luca la mia lunga assenza dal divano. Già, ho detto forse ed è un forse che sa molto di no. No, probabilmente non dovrò spiegare alcunché, perché come anche tu saprai la Juventus ha vinto e quando la Juventus vince Luca non si pone il problema di dove sia sua moglie, di cosa pensi sua moglie, di cosa la renda apatica, del perché alle sue domande su cosa siano quegli sguardi cupi la risposta sia sempre “niente”, del motivo per cui le mie labbra un tempo così calde e vivide ora se ne stiano corrucciate nel loro silenzio. Io mi chiedo come può non avere ancora capito, come sia possibile che lui, così intelligente, brillante, furbo, gagliardo, non abbia ancora capito che sua moglie, le poche volte che ancora si fa sesso, e ti chiedo scusa se dico una cosa del genere proprio a te e spero capirai il mio sfogo, non solo non viene, non solo non gode, non solo non riesce nemmeno più a fingere un orgasmo e non si prende la briga di gemere un qualche mugolio di approvazione, ma addirittura chiude gli occhi e manda la testa altrove. E i silenzi, cazzo, i silenzi. Lo strazio del dopo sesso, quando lui è venuto e parla di cazzate, della sua merda di Juventus e di tutte le segate che ha in testa e io annuisco e affogo lacrime sporche tirando un paio di sigarette al filtro e anche oltre. Charlie, io non ce la faccio più. Hai ragione, Charlie, in fondo io sono solamente una codarda e vorrei che fosse lui a dirmi ma che cazzo c’hai per la testa? ma perché si scopa poco e male? ma come cazzo può essere che ti vengono le tue cose due o tre volte al mese? perché eviti i miei baci, forse ti fanno schifo le mie labbra che un tempo mordevi fino a farmi uscire il sangue? Vorrei che mi desse della troia, che mi cacciasse di casa, che mi mandasse affanculo. Da te. Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 16. Gita a Monteaquila

Dinamo Monteaquila – 16. Natural born killer

Non mi ritengo un modello, né nell’aspetto né nel comportamento.Campo_di_calcio_abbandonato Ho il viso squadrato, il mento prominente, gli occhi piccoli e oscuri, il naso contorto e da sempre indeciso se intraprendere la via di destra o di sinistra, i capelli radi, la barba ispida che cresce qua e là senza ch’io possa darle una forma credibile. Ho un ghigno da far rabbrividire uno scafato agente del Mossad, un sorriso tetro che mostra solamente il canino destro. Vorrei dirvi che sono una persona buona, che questa maschera che un destino baro mi ha assegnato non rappresenta quanto di tenero ho racchiuso all’altezza dello sterno, ma non è così. C’è una sola cosa che sa farmi schiudere le labbra in un sorriso a trentadue denti: le mie scarpette. Le curo più di ogni altra cosa, più della mia auto, più della mia famiglia, più di me stesso. Non mi lavo i calzini e non mi stiro le mutande, a quello ci pensa mia moglie. Ma le scarpette, le mie cazzo di scarpette, quelle devono luccicare. Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 16. Natural born killer

Dinamo Monteaquila – 15. Onore ai caduti

L’altro giorno, mentre rollavo una canna presso il monumento ai Campo_di_calcio_abbandonatocaduti di Monteaquila, mi sono messo a leggere i nomi di quei poveri soldati falcidiati da una mitraglia o smembrati da una granata. Alcuni avevano una foto sbiadita accanto al nome scolpito sul marmo. Devo averli un po’ affumicati, ma penso non andranno dal sindaco a protestare. Quanto ai discendenti, chissà in quale città del mondo saranno andati a svernare. Chissà se i figli dei figli dei figli di Adelmo Brugni saranno a conoscenza dell’eroica morte dell’avo nel 1916 sulla riva destra dell’Isonzo. Povera gente, ho pensato mentre la luce prodotta dalla combustione di tabacco ed erba illuminava il volto scarno ed emaciato di tale Ezio Guarnotti, nato nel 1887 e morto nel 1917. Sfortunati, certo, ma per lo meno loro hanno una storia da raccontare. E da ricordare. Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 15. Onore ai caduti

Dinamo Monteaquila – 14. Dialogo tra un infermiere e un non so

– Bevi qualcos’altro?
– Una birra. Però non hai risposto alla mia domanda, Nico.Campo_di_calcio_abbandonato
– Quale domanda?
– Vedi cazzone, non ti importa una sega di quello che ho da dirti.
– Ascolta, Sandro, sono stanco e c’ho un sacco di cazzi per la testa. Se solo sapessi cosa vuol dire avere a che fare con quella faccia di merda di Trapetti, se solo ti immaginassi…
– Ma è per questo che siamo in un bar a bere un paio di birrette e parlare di calcio, Nico. Per questo, per dimenticare Trapetti e il suo ufficio e il mio lavoro di merda in una casa di cura per malati di mente. Insomma, mi rispondi? Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 14. Dialogo tra un infermiere e un non so

Dinamo Monteaquila – 13. Le partite durano 90 minuti

Ha aperto la portiera ed è iniziato il solito scambio di convenevoli del tipoCampo_di_calcio_abbandonato domani che fai, non lo so, io forse sono con Silvia, vabbuò caso mai ci sentiamo per messaggio, quindi è uscito, ha salutato e chiuso la portiera. Io ho cambiato stazione alla radio e quando ho trovato il pezzo che mi avrebbe accompagnato a casa ho acceso l’auto. Il piede aveva già pigiato la frizione quando Nerini ha aperto nuovamente la portiera dell’auto dal lato del passeggero e mi ha borbottato – Ascolta, devo dirti una cosa. Una cosa importante.
– Oh Madonna – gli faccio io – e che c’è? Dimmi, dai, dimmi tutto – e visto che quello non si esprimeva, l’ho incoraggiato con un diluvio di parole che, sul breve periodo, hanno sortito l’unico effetto di farmi mandare a quel paese. Continua a leggere Dinamo Monteaquila – 13. Le partite durano 90 minuti