Affamati e Assetati vs Farafulla
A tre battaglie dalla fine della lunga guerra amatoriale, la Farafulla invade i selvaggi della Selva, i pericolosi affamati e assetati, che nella battaglia d’andata uscirono vincenti in casa nostra. Guidati dai Generali Mc Nicholson e Chicco, e dal tiranno Riccardo II (Re, eppure soldato), i legionari biancoverdi hanno conquistato l’arduo terreno selvaggio.
Diario d’un legionario
Sopra le casacche biancoverdi, pesanti e scintillanti armature ci distinguono dai selvaggi che stiamo per affrontare, barbari che abitano le uggiose colline di Filattiera. Nascosto dietro le sbarre della grigia gabbia di ferro, scambio per un attimo la figura del Saraceno Moed, per quella del quasi omonimo Mohamed: berbero e tosto difensore, graffiante come la sabbia del deserto nel quale si allenava da bambino. Procediamo compatti, le armature suonano al ritmo dei passi. In testa, al comando, la triade – non si tratta di Moggi, Giraudo e Bettega, ma di una triade ben più pericolosa – formata da Mc Nicholson, il generale Chicco, e il presidente rosso Blisset, quest’ultimo spodestato dal trono di San Pietro per questioni politiche. Il mio umore è vacillante, le provviste sono scarse e non so se sopravviverò alla battaglia. A confortare il mio animo turbato, l’entusiasmo dei compagni, che mi riconduce a ricordi di battaglie passate, vittoriose conquiste d’un territorio che infondo è sempre stato nostro, racconti di gesta epiche sulle quali sono state scritte righe e righe di storia, contenute nel piccolo libro della Dea – ‘na specie di Bignami che contiene la nostra storia – che un giorno diventerà un vero e proprio libro sacro, tipo la Bibbia.
Superato il Ponticello, qualcuno sente la nostalgia delle merende nei prati della Logarghena, delle cacce al cinghiale, dei calumet al fuoco delle tende indiane. Proseguiamo a passo svelto, sotto l’influsso d’una magia nemica: la strada che porta al campo di battaglia è una discesa, ma è faticosa come una salita. Questo antico stratagemma fu studiato dai Selvaggi per stancare le legioni avversarie che miravano alla conquista dei loro territori. In quest’anno amatoriale, ancora nessuno è riuscito ad uscire vittorioso dal territorio nemico, in cui, ormai molti anni fa, naque la Dea Farafulla.
Giungiamo al campo, stanchi ma rabbiosi, decisi a riprenderci un territorio che un tempo ci apparteneva. Ad aspettarci sugli spalti una folta macchia biancoverde, arrivata fin qui per sostenerci. Si gioca undici contro undici, ed io mi accomodo in seconda linea, pronto ad intervenire se lo scontro si mettesse male, al fianco degli altri guerrieri di scorta. Uno speciale grog, preparato da Budrusix per combattere il caldo, ci tiene le budella fresche e i muscoli sempre pronti. Il sole è spettatore dello scontro che potrebbe decidere le sorti dell’intera guerra.
Il furetto Manuel s’infila fra le linee nemiche e lancia dardi velenosi, che pur non bucando la difesa avversaria, ne scalfiscono il morale. La nostra legione è più determinata, lo si nota dalla forza con cui vengono respinti i massi provenienti dalle rozze catapulte costruite dai Selvaggi. Il nostro guerriero col Baffo viene atterrato appena fuori l’area di rigore. È per lui (e per il suo Baffo) una grande occasione. Dopo essersi pettinato per bene la chioma baffuta, calcia il pallone in maniera divina. In quell’istante cade il codino a Baggio, la lingua a Del Piero, e Platinì inciampa sulla via francigena. I tre ex guerrieri del calcio imperiale, si sarebbero inchinati ad una prodezza tanto maestosa. La palla, mi spiace essere retorico, toglie una fitta ragnatela che un ragno costruì molti anni prima fra il palo e la traversa. Il portiere vola talmente in alto che il pallone carico di forza se lo trascina dentro la rete.



(Trittico del gol, che non ha bisogno d’alcuna spiegazione).
I selvaggi reagiscono come tali: mirano alle caviglie e giocano sporco. Il difensore centrale intrappola il Cholo in una resina appiccicosa. L’arbitro della gara, un giullare senza capelli e senza sorriso, se ne accorge e decide per il calcio di rigore, la massima punizione che può essere inflitta durante una battaglia a chi non gioca secondo le regole. È ancora il Baffo a prendersi l’incarico dal dischetto. Si tratta di un duello ad armi (quasi) pari: il Baffo ha la palla fra i piedi e deve bucare il rettangolo difeso dall’estermo legionario selvaggio. Sotto i nostri occhi imbevuti di grog alcolico, la palla finisce in rete. Ci abbracciamo e le nostre armature fanno scintille. Proviamo pura gioia, che solo una battaglia del genere può scatenare.
Visto il doppio vantaggio, anche a noi riserve tocca un po’ di gloria. Non è ancora arrivato il mio turno però, attendo quindi in panchina, con due cineprese al posto degli occhi, che seguono fedelmente la battaglia. Solo grandi emozioni posso filmare: il Baffo cattura una palla volante e batte per la terza volta il portiere, con un pallonetto di testa. Tutti i legionari biancoverdi gli saltano addosso. Un fuoco di scintille nel campo di battaglia. Dino de Laurentis lo stende facendogli prendere un cragnata per terra, lo ripagherà più tardi finanaziando un cinepanettone dedicato al suo baffo miracoloso. Già con la testa alla merenda fra i prati, senza le ingrombranti armature, i nostri legionari s’addormentano e i selvaggi bucano le nostre difese. Siamo alla fine, si tratta solo di resistere. I nostri legionari inventano strane tecniche per contenere gli avversari.

(Il Cholo intrappola un avversario per rallentarne la corsa.)

(Mohamed cerca di spiegare al cupo Giullare, triste arbitro in una giornata di sole, che non è stato lui a trafiggere l’avversario con quell’ascia!)
Finalmente arriva il mio turno. Stringo per bene l’armatura, bevo un altro po’ di grog e mi porto sulla linea del fallo laterale. Entro al posto del Baffo. Il guerriero esce fra gli applausi. Entro in campo rubandone alcuni e facendoli miei, per caricarmi. Dopo un paio d’azioni, sfrutto l’incertezza d’un difensore e m’avvio in solitaria verso la porta. Davanti a me trenta metri di campo. Già m’immagino come batterò il portiere: con uno scavetto, oppure fintando di tirare da una parte facendolo cadere, o tirando forte sotto la traversa. Mentre i miei sogni accelerano, il peso dell’armatura si fa sentire. Arrivato a soli dieci metri dalla porta, le forze mi abbandonano, le gambe smettono di girare, non ho neppure la forza per calciare. La palla mi viene sottratta, mentre cerco di radunare il fiato. Arriva il triplice fischio. Forse quattro gol erano troppi, penso felice, mentre mi tolgo l’armatura, contento d’esser uscito vivo anche da questa battaglia.
La Selva, oltre ad essere il luogo in cui è avvenuto l’incontro con la Dea, è stata casa della Farafulla per quattro stagioni (olive, carciofi, prosciutto cotto e funghi). Ne siamo sempre usciti imbatuti, fra battaglie epiche ed emozioni indimenticabili.
Della battaglia rimane questa breve cronaca, un centinaio di birre bevute per festeggiare, ma soprattutto i punti in classifica, che confermano la nostra armata come una delle candidate alla vittoria della guerra amatoriale. Perdonateci, se potete, le continue metafore: è proprio grazie alle metafore che nascono i nostri racconti. Senza le metafore non potremmo raccontarvi niente. Non siamo giornalisti, ma scrittori amatoriali.
I triplettisti Farafullici
Calypso Boys (ovvero Ito il folletto e Vincenzo il cannibale) – Con i loro gol hanno trascinato la Farafulla dalla prima alla terza categoria, portando in bacheca anche una coppa primavera (la coppa UEFA amatoriale). Memorabile l’incornata del cannibile su assist del folletto, nella finale del 13 maggio 2000. Farafulla 1 – Regina di cuori 0.
Dezza (ovvero l’uomo che imparò ad amare la palla) – Idolo dei compagni e dei tifosi, giocava con una tranquillità assoluta, tanto che durante alcune partite raccoglieva margherite mentre attendeva di ricevere palla. Ora si è smarrito: gioca con T.M.P.D.M., tutti i farafullici aspettano il suo ritorno.
Tanke (ovvero il bisonte di Teglia) – Ultimo esemplare della sua specie, sotto il protettorato del WWF, è capace di lottare come una belva e di sradicare i difensori come alberi. Il suo destro viaggia ben più veloce di quello di Tevez e quando centra la porta per il portiere non c’è nulla da fare.
Il Bimbo (ovvero colui che possiede il Baffo) – Mente e gol. Fanno 13 quest’anno per lui, a sole due reti dal suo record personale in campionato. La sua statura è simile a quella degli argentini Messi e Maradona. La sua classe conferma che spesso nella botte piccola c’è il vino buono. A quota 88 reti in biancoverde, s’avvicina al primo marcatore farafullico, Black.
Black (ovvero l’uomo che possiede la Tirannia) – L’unico attaccante capace di picchiare i difensori. Detiene il record di gol nella Farafulla, 95. Chissà se il prossimo anno sarà costretto a stendere pure il Baffo per non farsi scappare il traguardo dei cento gol. Staremo a vedere.
Classifica
Fegato & Milza 29
TresAnal 29
Farafulla 28
Poeti Maledetti 27
Fame & Sete 25
Ragazzi azzurri 25
Scalcinati 23
Cavatori 22
Culatello 22
T.M.P.D.M. 22
Portuali 16
Copecazzi 14
Coltivatori Diretti 6