La stanza verde
C’è un istante in cui il respiro si ferma. Resta sospeso. È un’incalcolabile frazione di tempo. Un battito. Lo stomaco si contorce. Uno spasmo. I muscoli si contraggono. Che tu sia allo stadio, sul divano di casa, in macchina, in coda alla cassa del supermercato. Non puoi sottrarti. Uno scatto.
E poi arriva. Quel momento condiviso. Quel movimento all’unisono. Può essere un gesto ampio, scomposto, esagerato, un’esplosione. O uno piccolo, piccolissimo, silenzioso, timido, quasi impercettibile. Un balzo, un sussulto della testa, un pugno che si stringe. È un gesto che non è solo esultanza. È un gesto che è insieme rabbia e gioia, speranza e frustrazione, vitalità e vergogna. È un gesto che è una settimana di cartellini timbrati, di schermi del computer, di pioggia alla fermata dell’autobus, di vassoi della mensa, di silenzi e rimpianti, di certamente ci sono cose più importanti. È un gesto che è riflesso dell’esistenza.
Ecco, quell’istante in cui i tifosi di una squadra esultano per un goal. Quell’incalcolabile frazione di tempo. Quello spasmo condiviso, all’unisono. Ecco, è quell’unicità, è quella sincronia a muovermi qualcosa, a farmi sentire parte di qualcosa. E se potessimo afferrare l’energia che si sprigiona in quel lampo e rinchiuderla in un barattolo
– Cosa ci faresti?
– Cosa?
– Cosa ci faresti con l’energia umana in barattoli.
– Io. Non lo so, era per dire qualcosa che avesse un tono importante.
– L’idea non era male.
(silenzio)
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