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Perdazzurri: #15 Nwankwo Kanu

Questa rubrica nasce in risposta alle Gallianate dei cugini milanisti: d’altronde siamo in par condicio, poteva mancare la controparte nerazzurra?
Per miei evidenti limiti anagrafici analizzerò solo ed esclusivamente bidoni arrivati nell’era Moratti (dal 1995 ad oggi), e questi geni incompresi dell’arte pedatoria verranno definiti Perdazzurri, uno dei peggiori soprannomi mai coniati dalla fantasia delle tifoserie avversarie; tuttavia i giocatori che avranno l’ambìto onore di entrare a far parte di questa rubrica non si meritano nulla di meglio.

E’ risaputo che lo staff di osservatori dell’Inter è uno dei migliori in tutta Europa, avendo l’invidiabile abilità di girare il mondo in cerca di casi umani da spacciare, poi, per giocatori di calcio. Anche il protagonista di questa puntata rientra in questa categoria, e già il nome dice tutto: Nwankwo Kanu.

L’Inter lo acquistò nell’estate del 1996 per circa 8 miliardi di lire, e Moratti si fece abilmente convincere dai propri osservatori che notarono le sue prestazioni nella Nazionale nigeriana Under 21, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atlanta, che gli valsero anche il titolo di Calciatore Africano dell’Anno (premio poi bissato nel 1999). A convincerli furono anche i 25 gol messi a segno in tre anni con la maglia dell’Ajax, con cui aveva vinto tutto nella splendida annata 1994/95 (Eredivisie, Champions, Supercoppa UEFA ed Intercontinentale).

Sembrava finalmente che la società avesse trovato il tanto agognato toppleie (all’epoca il termine non era ancora così inflazionato), il bomber da 20 reti a stagione, la punta alta e dinoccolata pronta a raccogliere cross e insaccare palloni con estrema facilità. Sembrava tutto perfetto, ma noi siamo l’Inter, non dimentichiamocelo mai.

Appena giunto a Milano si sottopose alle visite mediche di rito, e l’esito fu estremamente negativo: il 20enne nigeriano soffriva di una strana disfunzione cardiaca, impossibile erogargli l’idoneità.
Moratti andò su tutte le furie e subito minacciò i dirigenti olandesi di far loro causa, non avendolo avvisato dei problemi fisici del giovane Nwankwo. Attraverso la mediazione dei suoi dirigenti più fidati depose subito l’ascia di guerra, preferendo dimostrare già a quel tempo la sua proverbiale generosità: pagò di tasca sua il delicato intervento chirurgico necessario per far guarire Kanu, promettendo di aspettare il suo ritorno.

Nwankwo (come li sceglie l’Inter i nomi, nessuno mai) saltò tutta la prima stagione, e tornò arruolabile nel 1997/98, alla guida di Gigi Simoni. Quell’anno scese in campo ben 18 volte complessive, e nell’aprile ’98 siglò la sua prima rete in nerazzurro in un rotondo 4-0 contro l’Atalanta. Fu sicuramente il suo miglior momento all’Inter, con tutta la squadra, comprese le riserve, i magazzinieri, i medici, i fisioterapisti e anche qualche bagarino, che corsero ad abbracciarlo. Ovviamente nel post-partita il gol venne dedicato al presidente e al suo fondamentale aiuto per il ritorno in campo di Kanu.

Nel 1998 aveva appena 22 anni, quindi c’erano tutti i presupposti perché il futuro fosse suo. Ma l’anno successivo rimase vittima anche lui del valzer degli allenatori, e giocò solamente 2 partite, venendo (prematuramente) ceduto all’Arsenal nell’estate successiva per 13 miliardi.
Andatosene da Milano, ebbe una gloriosa carriera in Inghilterra, dove segnò 56 reti in 305 partite di Premier League, giocando con le maglie di Arsenal (vincendo 6 trofei), West Bromwich e Portsmouth (con cui segnò il gol decisivo per la vittoria dell’FA Cup).

Grazie di tutto Nwankwo, e scusa se ti ho inserito in questa categoria ma, viste le aspettative e le statistiche, non potevo fare altrimenti. La tua è comunque stata una bella storia, e solo in una società come l’FC Internazionale avremmo potuto viverla.